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India, la condizione della donna fra tradizioni e soprusi

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di Nadeesha Dilshani Uyangoda

La condizione della donna nell’India moderna è una questione estremamente complessa e contraddittoria. Da una parte c’è il Paese che negli anni ’60 vantava una delle prime premier donne al mondo, Indira Gandhi, e oggi ha tra le file di dirigenti affermate manager, come Indra Nooyi. Questi casi rappresentano, però, una quota infinitesimale della società. Dall’altra parte, infatti, ci sono le esigue percentuali di istruzione femminile, al 65% contro gli 80% dei maschi (metà delle donne indiane è analfabeta): investire nell’educazione di una bambina è ritenuto un’investimento a fondo perduto e pericoloso in quanto è il primo e principale passo verso l’emancipazione femminile.

(Fonte: guidaindia.com)

Ci sono poi gli aborti selettivi: le femmine sono viste unicamente come un’uscita finanziaria della durata di una vita intera, dal mantenimento fino al matrimonio, alla dote, un costo che non regge il confronto con l’aiuto economico che i maschi potrebbero apportare alla famiglia. Questo porta, quindi, i genitori a sbarazzarsene prima ancora della nascita, ma anche se vengono messe al mondo, le bambine vengono trascurate, non vaccinate, a loro non viene garantita un’adeguata assistenza sanitaria e non è certamente un caso che la mortalità femminile nei primi cinque anni di vita sia molto più alta rispetto a quella dei maschi.
Gli aborti selettivi causano, inoltre, come peraltro sta già avvenendo in Cina, una non ininfluente disparità di sesso.

La dote da un punto di vista legislativo è un problema pressoché risolto da una legge del 1961 che la mette al bando e da una del 1983 che prevede l’arresto immediato, senza la necessità del mandato del giudice, in caso di denuncia per maltrattamenti al fine di estorcere denaro dalla famiglia della sposa. Da un punto di vista pratico è, però, un’usanza tuttora in auge, in particolare nelle zone più rurali: si ritiene che nel Paese le morti a causa della dote siano state circa 8000 nello scorso anno, il che chiarisce il valore spropositato che viene ancora assegnato a questa pratica.

Secondo recenti dati dell’NCRB (National Crime Record Bureau), ogni giorno in India vengono violentate 93 donne, per un totale di circa 33.707 abusi nel 2013. Questa piaga è il risultato di molteplici fattori, il frutto di tradizioni e abitudini secolari, uniti a estrema povertà, ignoranza e silenzio delle autorità giudiziarie e politiche. La visione politico-religiosa dell’India moderna sulla questione femminile si basa principalmente sulle idee della destra nazionalista indù, che prima giustifica i soprusi nel nome della tradizione e poi li condanna colpevolizzando l’occidentalizzazione che avanza.

Nessuno ha dimenticato il caso della studentessa violentata nel dicembre del 2012 a New Delhi, dopo il quale il governo indiano ha emanato leggi più severe per chi commette reati a sfondo sessuale. Resta il fatto che le leggi a nulla valgono se non c’è un’adeguata applicazione di queste. Così, senza prevenzione né educazione, anche inventare un paio di jeans anti-stupro potrebbere risultare inutile.

L'articolo India, la condizione della donna fra tradizioni e soprusi è stato pubblicato su Il Referendum.


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