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#Womenagainstfeminism, le antifemministe sono un successo del femminismo

di Nadeesha Dilshani Uyangoda

«Il femminismo è quel pensiero che insegna a odiare gli uomini, a farsi crescere i peli e a darla al primo che capita», è uno fra gli svariati slogan fotografati sulla pagina Tumblr di “Women against feminism”: come da autodefinizione, sono ragazze che dichiarano di non aver bisogno del femminismo e si oppongono al movimento femminista.

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#womenagainstfeminism
(Fonte: womenagainstfeminism.tumblr.com)

L’adesione dilagante a questa sorellanza del ventunesimo secolo è da vedersi per lo più come uno scontro generazionale tra chi non si riconosce, magari a priori e con un atteggiamento prevenuto, in un certo tipo di femminismo (soprattutto negli Stati Uniti, dove il movimento radicale di donne come Dworkin e MacKinnon ha fatto storia) e chi invece ha ereditato e condivide gli insegnamenti delle femministe che si sono battute per la parità dei diritti.

Guardando le foto postate su Tumblr si ha l’impressione che ci sia la tendenza a fare confusione tra diritti ottenuti e prevaricazione: le donne che aderiscono al movimento femminista, non promuovono la loro superiorità, ma difendono il loro diritto al lavoro, all’istruzione, a ricevere un compenso uguale a quello dei colleghi uomini, a decidere come meglio spendere la propria vita, ad avere una propria libertà sessuale, al divorzio e all’aborto, chiedono di essere considerate indipendentemente dal modello maschile e non una sua declinazione imperfetta.

È innegabile che la possibilità che le “Women against feminist” hanno di vantare tutte queste libertà (sintetizzate nella frase “I don’t need feminism because I can think for myself”), insieme al loro diritto a definirsi antifemministe, è in qualche modo una prova evidente dei successi del femminismo stesso e sottolinea la necessità di continuare tutte queste lotte, perché c’è una vasta fetta del mondo femminile che continua a vivere oppressa, perché i diritti non nascono né perdurano da soli, senza che nessuno li sostenga.

Inoltre, come scrive Laurie Penny, riferendosi alle ragazze che compaiono negli scatti, la maggior parte di loro sembrano essere «giovani, bianche, mediamente attraenti e normodotate», ciò significa che ci sono aspetti dell’esperienza politica di essere una donna che non avranno ancora sperimentato ed esperienze che potrebbero non fare mai: sono liberissime, dunque, di rifiutare il femminismo, ma così facendo prepongono la libertà individuale, dimenticando la propria responsabilità sociale, ignorando il peso che le loro lotte e le loro idee potrebbero avere sulla vita di altre donne.

Le ideologie del movimento insorto tra gli anni ’60 e ’70 sono stereotipate nelle frasi delle “Women against feminism”, ma esse, anche se in una piccola misura, contengono qualche verità: il femminismo di ieri non può più essere condiviso dalle donne di oggi, è cambiato il contesto sociopolitico, quello economico, non è più solo un modello di vita, una semplice ideologia, non ha più a che fare soltanto con l’emancipazione della donna, col suo essere soggetto più che oggetto. Il femminismo, oggi, non è morto, ma semplicemente reinventato, adattandosi alle necessità di ciascuna donna.

L'articolo #Womenagainstfeminism, le antifemministe sono un successo del femminismo è stato pubblicato su Il Referendum.


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